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Carlo Monterossi, il protagonista di Questa non è una canzone d'amore, trova a casa sua, nella baraonda di una festa, un giovane orientale in stato confusionale che somiglia in modo impressionante a un architetto giapponese acclamato come una star all'Expo, ma non ricorda nemmeno il proprio nome e non vuole che si chiami la polizia.
Il giorno dopo, il giovane orientale sparisce e Carlo Monterossi trova il suo appartamento devastato da una perquisizione. Di colpo la sua esistenza agiata e tranquilla è sconvolta: qualcuno cerca qualcosa ed è abbastanza determinato da seminare cadaveri, anche il suo, per trovarla.
- Durata8 ore e 24 minuti
- Data di uscita su Audible13 settembre 2022
- LinguaItaliano
- ASINB0BCLWNHFM
- VersioneEdizione integrale
- Tipo di programmaAudiobook Audible

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Dettagli prodotto
Durata | 8 ore e 24 minuti |
---|---|
Autore | Alessandro Robecchi |
Narratore | Fabrizio Bentivoglio |
Data di pubblicazione su Audible.it | 13 settembre 2022 |
Editore | Emons Edizioni |
Tipo di programma | Audiobook Audible |
Versione | Edizione integrale |
Lingua | Italiano |
ASIN | B0BCLWNHFM |
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La penserete così, naturalmente, se siete stati folgorati, come me, dal precedente romanzo di esordio di Alessandro Robecchi ('Questa non è una canzone d'amore'). In questo caso l'acquisto può esser fatto a occhi chiusi: l'autore non tradisce. E già questo, nei tempi attuali di facce multiple e di cambi di casacca, potrebbe essere la notizia.
Comprando il libro, infatti, vi assicurate una nuova vicenda del protagonista (un simpatico e incasinato autore di un programma televisivo 'trash'), ma restate in atmosfera: condotti per oltre quattro ore sull'ottovolante senza tregua di una scrittura originale, eccitata ed eccitante, colorata e guizzante, sempre piacevolmente sovratono, che alterna ironia a tratti di comicità intelligente.
Linguaggio rutilante, metafore spiazzanti, vocabolario che oscilla con sapienza tra 'alto' e 'basso': un impasto unico, che contribuisce a non farti staccare dalle pagine.
Insieme, naturalmente ad una storia ben intrecciata, solida, misteriosa: che parte da uno strano giapponese che il protagonista si trova 'imbucato' in casa in una festa di compleanno, passa ad una fantasmagorica e simpatica compagnia di immigrati sudamericani e arriva, per la verità con pochi ma 'significativi' omicidi, ad un finale che ovviamente ognuno scoprirà.
Sullo sfondo, ma in primo piano, una Milano da Expo che preannuncia, perché ormai la fantasia è sempre inferiore alla realtà, ciò che nella realtà è già accaduto e leggiamo ogni giorno sulla stampa, nella pagina degli scandali quotidiani. Ma stavolta i fatti riescono ancora a strabiliare: almeno se il lettore è tipo sensibile e ha conservato, ancora, qualche risorsa di indignazione e vorrebbe sentirsi, ancora e disperatamente, cittadino di uno Stato civile.
Una nota merita la nuova relazione del protagonista con la bella ecuadoriana mozzafiato: qualcosa di più, sembra, del solito 'chiodo-scacciachiodo' nei confronti della storia precedente, che si intuiva aver lasciato segni profondi. Per le scene d'amore la letteratura ha speso ormai ogni descrizione possibile: e le parole, anche quando siano intense e non rituali, rischiano la banalità e la ripetitività. Qui lo stile inventivo dell'autore, che sa usare in modo originale, con abilità e in crescendo, la dimensione poetico-romantica, per poi 'abbassarla' con l'ironia al piano smitizzante della quotidianità, sembra compiere il miracolo: e sono righe che anch'esse si godono per la magia da cui sono avvolte.
Insomma, se la delizia continua c'è spazio per la prossima puntata.
Ma soprattutto, l'ambientazione... ecco, è un'occasione sprecata. Io al Corvetto ci sono cresciuto, e ci torno spesso. Ci sono un paio di dettagli che mi hanno fatto storcere il naso. Per esempio, via Mompiani non è così spaziosa da permettere a un barbone di dormire indisturbato (e dove sarebbe la tintoria abbandonata?), o così poco frequentata da permettere a una gang di aggredire una persona senza scatenare un putiferio. Spesso ho avuto l'impressione che la vicenda si sarebbe adattata meglio a Los Angeles che al quartiere Corvetto, a partire dalla scelta di concentrasi sull'immigrazione sudamericana come scenario di base (e Carlo Monterossi avrebbe potuto essere uno sceneggiatore di Hollywood, invece che un autore televisivo italiano). Forse di base c'è la difficoltà di calare le strutture del noir americano in un contesto italiano.
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