
U siccu
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Chi protegge il latitante più pericoloso d'Europa, l'intreccio di affari e politica e il peso dei segreti di Riina e Graviano. Lirio Abbate, giornalista in prima linea nella lotta alla mafia, delinea il complesso ritratto del latitante più pericoloso d'Italia: Matteo Messina Denaro, l'ultimo dei corleonesi, invisibile da più di trent'anni.
Ritroviamo in queste pagine il giovane amante del lusso e il "fimminaro" delle notti palermitane. Inquadriamo il profilo del killer spietato, del boss e dello stratega, del mafioso che ha avvallato e curato la scelta stragista di Cosa nostra negli anni Novanta, quando le bombe hanno imbrattato di sangue la Sicilia e l'Italia intera.
E poi c'è Matteo Messina Denaro oggi. Il padre, il latitante imprendibile, l'affarista che ha stretto legami indissolubili con la politica, l'imprenditoria e la massoneria. Mostrando il ruolo che il boss ancora ha nelle gerarchie mafiose, l'autore ci spiega perché la sua cattura rivestirebbe un passo decisivo per sconfiggere Cosa nostra: depositario dei segreti della mafia, "u Siccu" ad oggi non ha mai fatto un giorno di carcere, ma dietro le sbarre del 41 bis potrebbe finalmente vuotare il sacco.
- Durata7 ore e 26 minuti
- Data di uscita su Audible23 febbraio 2022
- LinguaItaliano
- ASINB09SV77Z7G
- VersioneEdizione integrale
- Tipo di programmaAudiobook Audible

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Dettagli prodotto
Durata | 7 ore e 26 minuti |
---|---|
Autore | Lirio Abbate |
Narratore | Alberto Onofrietti |
Data di pubblicazione su Audible.it | 23 febbraio 2022 |
Editore | Mondadori Libri S.p.A. |
Tipo di programma | Audiobook Audible |
Versione | Edizione integrale |
Lingua | Italiano |
ASIN | B09SV77Z7G |
Posizione nella classifica Bestseller di Amazon | n. 37,815 in Biografie e autobiografie (Libri) n. 110,878 in Adolescenti e ragazzi (Libri) |
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Ma Matteo Messina Denaro come avrebbe potuto aiutare la mafia in carcere e riorganizzare quella ancora in circolazione? Quali sono le responsabili a lui scritte? L’autore ripercorre gli ultimi quarant’anni di storia della mafia e sottolinea come Riina, boss incontrastato del dominio corleonese dopo la sconfitta della mafia di Bontate e Badalamenti, avesse nominato Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro suoi figliocci. Quando Riina venne arrestato il 15 gennaio 1993 il covo non venne perquisito per ordine del generale del Ros Mario Mori. Nel 2006 i procuratori Caselli e Pignatone sosterranno che l’abitazione di Riina non venne perquisita nel nome di una superiore “ragion di Stato”. Secondo il pentito Giuffrè la cassaforte di Riina conteneva un importantissimo archivio e tutte le carte vennero consegnate proprio a Matteo Messina Denaro che ebbe così nelle proprie mani un immenso potere di ricatto anche contro lo Stato e le Istituzioni. Questo spiegherebbe perché la latitanza continuerebbe ancora. Ma Messina Denaro non ha mai voluto utilizzare quelle carte per aiutare i suoi sodali.
La pubblicazione è scritta in modo chiaro, a volte un po’ sfilacciata e frammentaria. Si passa troppo spesso dal passato al presente e ciò necessita qualche attenzione in più nella lettura. Tuttavia la figura del boss di Castelvetrano viene fuori nitidamente senza alcun alone eroico, anzi con le proprie debolezze e nefandezze, barbarie direi.
Ci sono dei passaggi molto interessanti come quando Abbate ricorda che Giovanni Falcone verrà ucciso non solo per le condanne del maxi processo ma anche perché nel 1991 egli comprende come funziona il rapporto tra la mafia e gli appalti in Sicilia attraverso il ruolo di Angelo Siino. Nel gennaio 2020 Di Pietro in una intervista afferma che mani pulite non l’ha scoperta lui ma nasce dall’esito dell’inchiesta del maxi processo. Falcone riceve da Buscetta la notizia che è stato fatto l’accordo tra il gruppo Ferruzzi e la mafia. L’obiettivo di Di Pietro era arrivare al collegamento al quale erano già arrivati a Palermo. Gardini, spiega Di Pietro, non si suicida per disperazione nel luglio del 1993 ma perché quella mattina doveva fare il nome di Salvo Lima che aveva ricevuto una parte della tangente Enimont di 150 miliardi di lire. E lo stesso Borsellino venne ucciso non per il maxi processo ma perché con Falcone doveva far nascere Mafia pulita. L’omicidio viene provocato dai Graviano su mandato di Matteo Messina Denaro che ha avallato l’ordine di Riina. Una prospettiva interessante per comprendere lo scenario degli anni ‘90.
Lirio Abbate spiega anche come negli anni le regole del 41bis siano state modificate a favore dei boss mafiosi e come ogni sforzo per isolare i boss in carcere sia stato vanificato. Ormai i detenuti al 41bis hanno 4 ore d’aria, possono socializzare anche con cinque persone alla volta, ed escono dal carcere in permesso speciale come il boss dell’Ndrangheta Salvatore Pesce nel 2017. Si lasciano passare la corrispondenza fra detenuti, e sempre più frequenti sono gli incontri tra fratelli detenuti o tra genitori e figli al 41 bis. Come conseguenza i collaboratori di giustizia non ci sono più, non c’è più la necessità di parlare per avere benefici carcerari. Abbate vede ciò come una sconfitta della Stato.
Abbate da una visione anche della mafia del trapanese che è stata quella meno colpita da misure restrittive ed è il punto di raccordo tra i Paesi arabi, l’America, la massoneria e i servizi segreti deviati. Il successo di Matteo Messina Denaro è stati quello di essere riuscito a rendere moderna la mafia mantenendone le caratteristiche. Ha trasformato l’imprenditoria in mafiosa e il sodalizio non è più parassitario ma c’è una partecipazione nell’attività imprenditoriale con l’obiettivo di allargare il consenso diffuso. Tra gli imprenditori e la mafia c’è un piano di assoluta parità e un reciproco scambio di prestazioni. I vertici della mafia, dalla morte di Riina, si allontanano dagli affari piccoli e sporchi per i grandi interessi economici nazionali.
La domanda che si pone Abbate è dove sono i tesori di Bagarella, Riina e Graviano. Esiste una élite mafiosa che gestisce questi enormi patrimoni? E quindi quali sono i legami con il mondo delle professioni, della politica e della imprenditoria? La mafia, ricorda l’autore continua ad essere forte perché controlla il territorio. Quindi è il politico e l’imprenditore che cerca la mafia perché garantisce bacini di consenso o le risorse economiche e le coperture necessarie per eseguire una determinata speculazione.
La mafia esiste da due secoli ma prima dell’avvento di Riina non si era mai posta contro lo Stato. Il traguardo era la convivenza. Dagli anni ‘70 fino al 2006 la mafia ha cercato un ruolo di primazia rispetto allo Stato, di comandare sullo Stato. Ma lo Stato ad un certo punto ha detto basta e ha reagito. Ora la mafia è tornata ad essere quello che era e a cercare la convivenza. Ma non per questo le indagini si possono allentare solo perché non si sente più l’emergenza del momento. Come scriverà il procuratore di Catanzaro Gratteri la mafia è più forte che mai e ora sicuramente approfitterà anche dell’emergenza Covid per poter allargare i propri affari e la propria influenza economica e sociale.
Scenari non propriamente ottimisti.
Caratterizza la figura del boss di Castelvetrano, la sua evoluzione e la sua peculiarità: l'essere "affarista" seguendo la definizione che ne diede Riina. Davvero interessante il capitolo sugli affari green della Mafia.