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Un’idea di destino Copertina rigida – 8 maggio 2014
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- Lunghezza stampa484 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreLonganesi
- Data di pubblicazione8 maggio 2014
- Dimensioni14.9 x 3.8 x 22.1 cm
- ISBN-108830439487
- ISBN-13978-8830439481
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Dettagli prodotto
- Editore : Longanesi (8 maggio 2014)
- Lingua : Italiano
- Copertina rigida : 484 pagine
- ISBN-10 : 8830439487
- ISBN-13 : 978-8830439481
- Peso articolo : 540 g
- Dimensioni : 14.9 x 3.8 x 22.1 cm
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Non possiamo che esserle grati in quanto con queste pagine Terzani rivive sia come giornalista, ma soprattutto come uomo protagonista assoluto della propria esistenza in perenne ricerca del concreto equilibrio e del vero “Io”.
Rivivono così le impressioni, i conflitti interiori, le suggestioni, le paure e le gioie di un uomo che, attraverso il lungo peregrinare nel mondo, ricerca lo scopo della propria vita, la risposta alle proprie perplessità, una via di fuga dalla mediocrità.
Questa lunga e faticosa trasformazione da semplice corrispondente di mondo a uomo in lotta con i propri fantasmi in una società che muta costantemente, è ben evidente dall’ordine cronologico e narrativo dell’opera.
Si passa dai lunghi e turbolenti anni in Cina negli anni 80, quando venne arrestato ed espulso dal paese che tanto amava e che mai dimenticherà, agli anni da inviato presso il poco tollerato Giappone, sino ai viaggi in India, meta quest’ultima che lo trascinerà verso quella crescita interiore che culminerà con la tanto agognata pace mentale.
Ciò che davvero colpisce è la capacità di scrivere per non dimenticare, per lottare, per tenere fede alle proprie aspettative e alle proprie promesse, inconsapevolmente - ma forse non così tanto – rendendoci partecipi delle frustrazioni, dei malesseri e delle soddisfazioni cui inevitabilmente va incontro.
Questo ci porta a comprendere come Terzani, l’uomo, si rapportasse ogni istante della propria vita con coloro che amava, con il proprio ego e nei confronti dei demoni comparsi sotto le sembianze della depressione prima e del fatale cancro poi.
Seguendo passo per passo la costante crescita intervallata talvolta da ripide ricadute, diveniamo anche noi protagonisti della sua volontà, della voglia di ricerca e di risposta, in un mondo che sente di amare, odiare o non riconoscere a seconda delle turbolenze; ma non possiamo che gioire nel momento in cui egli stesso avverte di essere divenuto coscientemente forte, e di essere pronto così ad abbandonare il proprio corpo per divenire un tutt’uno con l’universo.
La terribile malattia che lo ha colpito non ne ha scalfito lo spirito ma ne ha esaltato le virtù da condottiero traendone forza, desiderio e volontà.
Ogni pagina è un forte richiamo al perseguimento della propria meta, diviene uno scopo contro la mediocrità che ci circonda, gli spettri di una globalizzazione che ci ammalia e ci minaccia sotto la vece di un’unica realtà pensante; ed il viaggiare diviene quindi un’arte, lo strumento che potrebbe permetterci di vivere cercando il giusto metodo tra l’affanno e l’equilibrio, tra concretezza e rimpianto.
Con questa testimonianza, più che mai riviviamo un Terzani nudo e crudo, capace di non essere mai banale persino quando si ritrova a dialogare nella propria intimità all’interno di una modesta casetta dispersa nel lontano Binsar.
Questo Terzani dotato di infinite sfaccettature è senz’altro una piacevole scoperta frutto del lavoro di una moglie splendida e devota, che tramite queste pagine mantiene vivo e vivace il ricordo di un grande uomo grazie ad un amore così infinito come l’universo che ci circonda.
Tiziano Terzani non era un uomo perfetto, nessuno lo è, anche volendo badare solo alle sue considerazioni morali, religiose o politiche, io personalmente non condivido il suo pensiero in maniera integrale. Ma ciò è irrilevante, perché questo libro va oltre tutto questo e non racconta delle lotte intraprese contro i regimi o i governi con cui si è confrontato nel corso della sua carriera professionale. Parla invece della lotta contro i suoi demoni.
Un uomo nato da una famiglia povera, in una comunità che già da ragazzo considerava non all'altezza dei propri orizzonti. Che solo diciannovenne, alla fidanzata e futura moglie dedicava "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" di Pavese, che pure dopo un avvio di carriera dirigenziale che chiunque avrebbe comunemente detto sfolgorante, ancora non era pago, ancora non trovava risposta ai suoi tormenti interiori, e quindi la pace interiore che continuava a sfuggirgli e per la quale aveva deciso di mettersi in viaggio, perennemente.
La dovizia di particolari con cui nel suo diario ha affrontato la depressione cronica di cui era vittima, scevra di qualunque sentimentalismo o facile retorica, la "belva oscura" come la chiamava lui, la franchezza con cui parla del disagio che questa gli causava nel relazionarsi con gli altri, anche con i suoi familiari a cui pure incessantemente dichiara il suo amore e devozione, offrono a chi lo legge un pure modesto, ma franco e saldo conforto, che deriva dal sapere che anche nella solitudine di questo immenso vuoto in cui il Mistero ci pone, non siamo soli.
Lo si legge come un romanzo d'avventura, divorando le pagine una dopo l'altra, lasciandosi colpire dallo stile inevitabilmente asciutto e diretto, e almeno personalmente sempre affiancato da un dubbio: se pure quest'uomo di innegabile intelligenza e straordinaria sensibilità, che dalla vita ha avuto non solo la carriera professionale che desiderava ma anche una moglie e dei figli che amava e da cui era ricambiato, che ha attraversato il Vecchio Mondo in lungo e in largo e ricambiando la generosità di cui ha beneficiato con un impegno sociale da cui gli è derivata proprio la sua fama internazionale di giornalista e per le cui vicende avventurose non poteva fare a meno di scrivere a sua moglie "quando saremo vecchi ne avremo di cose da raccontare" pure era tormentato da un'inestinguibile tristezza e male di vivere, dove è allora incontrabile la pace?
Credo questo sia infine proprio il pregio di questo libro, restituire a ognuno dei suoi lettori un impareggiabile compagno di viaggio, senza nessuna risposta confezionata, ma instancabile nella ricerca di domande.
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Interessantissimo l'evolversi della sua relazione con Vivek Datta, il suo guru dell'Himalaya. Nei libri ho sempre avuto l'impressione che questo 'caro vecchio' fosse realmente una guida spirituale fino alla fine, nel diario si capisce invece come il vero guru é solo e sempre il proprio Io e come Tiziano riesce andare 'au delá' e trovare il proprio cammino.
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